«Invece di stare seduto per ore su un trattore, o di usare un attrezzo a motore, con tutto il rumore, le vibrazioni e il fumo che produce, io lavoro nella pace, a fianco di un animale intelligente e amico. Alla fine del giorno, invece di sentirmi distrutto, mi sento stanco ma rilassato.
Ma questa è soltanto una delle ragioni per cui ho iniziato a usare la forza del cavallo viva, e non i cavalli-vapore delle macchine, i CV o HP, per lavorare. A volte sento la gente dire: “sì, molto bello, ma non è davvero remunerativo!” oppure: “Il lavoro si farebbe molto più in fretta con un trattore” e così via. Ma avevo una ragione molto valida per fare questa scelta: credo che se davvero vogliamo ribaltare sul serio questo devastante sistema globale, dobbiamo cominciare cambiando le nostre abitudini di ogni giorno.»
Chi conosce i libri di Etain Addey, ormai celebri nella cerchia dei lettori a cui anche questo volume si rivolge, ritroverà in queste avventure equine la stessa casa, la stessa famiglia, la stessa leggera ironia e melanconia. Un po’ più svizzera in Martino, un po’ più anglosassone in Etain, molto neo-eugubina nella coralità di tutti insieme.
Senza che ce ne accorgiamo Martino getta nelle sue pagine una cavezza sottile – nelle fiabe sarebbe intrecciata con una corda incantata – che ci doma e ci porta a ricordare che anche noi siamo animali.